06 Lug 2018

Una Newsletter al giorno, alla settimana, al mese o all'anno?

L'email marketing, in questo mondo di velocisti, ha il passo di un mezzofondista, o forse persino di un maratoneta.

Prima Twitter e Facebook, poi Instagram ci hanno abituato all'instant marketing, fatto di occasioni colte al volo, con quanta più spinta e creatività possibile, in un gioco alla rincorsa dello spicciolo di attenzione del consumatore, sempre più distratto e disaffezionato.

L'email marketing ha provato ad adeguarsi, ed in parte ci è riuscito, con i meccanismi di automazione, le email legate ai sistemi di retargeting, l'ultra personalizzazione.

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Questo tipo di approccio è però estremamente commerciale ed efficace unicamente per alcune realtà, tipicamente retail e di vendita diretta.

L'email marketing "tradizionale", legato al concetto di Newsletter, ha mantenuto il suo passo, e continua ad avere, forse persino più di qualche anno fa, una efficacia di gran lunga superiore a molti altri mezzi, a patto di essere disposti a ragionare e lavorare su tempi mediamente più lunghi di quelli a cui attualmente siamo abituati.

Newsletter: quale periodicità?

Ci è già capitato di affermare che essere iscritti ad una lista di invio email equivale all'appartenenza ad un club privato. Significa ricevere notizie e comunicazioni che altri non hanno, non reperibili facilmente, in anteprima, offerte riservate, etc.

I club però vanno coltivati e presidiati. Nell'affollamento odierno di informazioni e stimoli, la memoria è diventata davvero cortissima e uscire, non solo dal Top of Mind, ma dal ricordo tout court è un attimo.

Fin da subito dunque, cioè fin da quando cominciamo a raccogliere iscrizioni per la nostra newsletter, sarà necessario avere bene in mente una periodicità per le nostre comunicazioni.

Non è un dato scontato: ci è capitato spesso di incontrare persone che per anni hanno raccolto indirizzi senza preoccuparsi poi comunicare con una certa regolarità, o anche solo di cominciare a pensare a cosa comunicare.

Nel momento stesso in cui si comincia una strategia di database è fondamentale sapere già cosa andremo a scrivere e avere una idea di quanto spesso invieremo newsletter.

Spesso dunque ci viene fatta la fatidica domanda "sì, ma per ottenere i massimi risultati, ogni quanto devo scrivere?".

Com'è ovvio che sia, una risposta esatta e precisa non esiste e in genere è sempre valida la massima di saggezza popolare "parla se hai qualcosa di interessante da dire", anche se in realtà esistono alcuni tecnicismi e norme di buon senso che bisogna assolutamente tenere presente.

L'estremo: la newsletter quotidiana

Esistono alcuni casi in cui la periodicità ideale è quella quotidiana: l'esempio tipico è quello del giornale di notizie locali, per il quale arrivare ogni mattina nella casella degli utenti è fondamentale.

Chiaro che la cadenza quotidiana ha alcune caratteristiche proprie che possono nascondere insidie: se è vero che in generale si considera un invio discreto quanto ottiene almeno un 20/25% di aperture, nel caso di invii quotidiano è davvero molto difficile raggiungere questo tipo di risultati.

Non tutti infatti controllano ogni giorno la posta, specie quella privata, inoltre l'abitudine all'arrivo dell'email quotidiana rischia di stancare presto chi la riceve, che troverà magari una sua cadenza, aprendo una email alla settimana, oppure ogni dieci giorni.

Questo in generale comporta che gli invii effettuati diventino sempre meno rilevanti e che dunque possano essere oggetto di interesse per i filtri antispam; è dunque sempre importante mantenere d'occhio la rotazione delle aperture.

Se gli utenti che aprono le nostre email sono sempre gli stessi, o comunque un bacino ristretto rispetto al totale degli iscritti (ad esempio su un apertura media della singola newsletter del 15%, riscontriamo nell'arco di una settimana di invio che appena il 20% degli iscritti ha aperto almeno una newsletter), siamo evidentemente di fronte ad un problema di targeting, oppure di stanchezza del database.

Invii frequenti infatti devono portare, per essere ritenuti sani, ad un'alta rotazione del database, andando a coinvolgere in un periodo di una o due settimane un numero di utenti vicino alla metà del database.

Per evitare di stancare i nostri utenti, quando inviamo newsletter ad altra frequenza, sarebbe opportuno pensare ad una versione settimanale "digest", che raccolga i contenuti più rilevanti della settimana, lasciando agli utenti la libertà di decidere in fase di iscrizione a quale delle due newsletter iscriversi.

La versione digest potrebbe anche essere proposta agli utenti meno reattivi, in maniera stimolarli e alleggerire - e dunque rendere più rilevanti - gli invii quotidiani.

Uno degli indubbi vantaggi degli invii serrati è la quantità di informazioni utili che si raccolgono per mantenere il database pulito e qualitativamente "a posto".

All'opposto, uno o due invii l'anno

Per molti l'invio della newsletter è una operazione corollaria, che trova il suo spazio unicamente in casi eclatanti, oppure in concomitanza con eventi, come la partecipazione a qualche fiera di settore.

Se è vero, come abbiamo detto prima, che è importante comunicare quando si hanno cose interessanti da dire, è anche vero che sarebbe opportuno investire un po' di risorse nel trovare e organizzare i contenuti da inserire nelle nostre comunicazioni.

Molto spesso siamo di fronte ad aziende che hanno database piuttosto datati, magari lasciati "a riposare" per qualche anno, oppure a realtà legate fortemente alla stagionalità (alberghi, fiere, organizzatori di eventi).

Da una parte l'invio saltuario può avere la capacità di attrarre l'attenzione (pensiamo ad esempio all'email che annuncia il programma del festival rock a cui siamo tanto affezionati), ma porta con sé una serie di problemi non indifferenti, di natura completamente diversa rispetto a quelli affrontati precedentemente.

La memoria è volatile, specie in quest'epoca di grande bombardamento mediatico, e contattare improvvisamente utenti lasciati senza nostre notizie da mesi vuol dire andare incontro a reazioni anche scomposte da parte di persone che, in assoluta buona fede, non ricordano assolutamente di aver mai dato il loro consenso alle nostre comunicazioni.

Così al primo invio dopo mesi di stop è facile ritrovarsi con una serie di disiscrizioni e anche numerose segnalazioni di abuso; sappiamo che, mentre le disiscrizioni sono una questione fra il mittente e il destinatario, le segnalazioni di abuso hanno effetti davvero importanti.

Quindi, in caso di invio a database fermi da mesi, o peggio, anni, è sempre molto importante ricordare, in testa all'email, perché l'utente sta ricevendo la newsletter e fornire l'opportunità, ben evidente, di disiscrizione.

L'altro effetto tipico degli invii dilazionati nel tempo, è quello degli errori: le caselle di posta vengono abbandonate continuamente, le persone cambiano lavoro, i domini vengono dismessi.

Tutte queste evenienze generano una massa di errori che, in caso di invii meno rarefatti, sarebbero stati gestiti un poco per volta e che invece vengono affrontati tutti insieme.

Questa massa di errori allerta i gestori di posta elettronica e i filtri antispam, che poi reagiscono di conseguenza.

Esiste comunque anche un problema più insidioso, quelle delle spam trap "di ritorno": indirizzi email che fino a un anno prima erano perfettamente funzionanti, al loro abbandono per qualche mese restituiscono i dovuti errori di consegna, per poi essere riattivate da filtri antispam e provider come vere e proprie trappole.

Le spam trap di ritorno, in caso di invii non troppo dilatati, non costituiscono un problema, perché vengono correttamente disabilitate nel momento giusto, mentre in caso di invii semestrali o annuali possono rappresentare una vera e propria minaccia, anche perché una lista contaminata da spam trap è davvero molto difficile da pulire.

Dunque il consiglio principale è quello di sforzarsi di dare una continuità agli invii, limitando al massimo i periodi morti, ed evitando di scendere sotto le cinque/sei comunicazioni all'anno.

Questo significa fare lo sforzo di produrre materiale che possa essere appetibile per i nostri utenti almeno una volta ogni due o tre mesi, ma questo sforzo ci consente di mantenere il database pulito ed evitare la maggior parte dei problemi legati alla "vecchiaia" dei contatti.

La virtù sta nel mezzo?

In un certo senso sì, anche se non si può affermare che sia sbagliato in assoluto inviare una email ogni tre mesi e neppure una newsletter ogni quattro ore.

Sicuramente i due estremi presentano problemi oggettivi che altre periodicità -settimanale, mensile- subiscono meno.

Pianificando una strategia di database dovremo dunque aver chiaro, o perlomeno aver ipotizzato, anche un piano editoriale che tenga conto della nostra capacità di creare contenuti stimolanti per gli iscritti e della necessità di dare continuità e periodicità più o meno stabile ai nostri invii.

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