All'alba del 2018 una delle grandi scommesse dell'email marketing pare essere l'email interattiva: utilizzo di tecniche css e html che rendano la newsletter un vero e proprio microsito, con tanto di animazioni e gamification (solamente per i client di posta e device in grado di supportare le tecnologie necessarie).
Dall'altra parte si potrebbe obiettare che questa tendenza è più dettata dalle esigenze di creativi e agenzie che dalle necessità effettive di business e che forse uno sforzo così impegnativo in questo senso non corrisponda poi ad un ritorno di investimento adeguato.
Foto di Florian Klauer su Unsplash
Come sempre è difficile stabilire una regola valida per ogni situazione, ma è possibile che la vera rivoluzione del 2018 sia il ritorno deciso all'email testuale, o comunque veramente minimale in termini di design?
La vera interazione: la risposta
In primis è necessario ribadire un concetto non sempre chiaro: nella stragrande maggioranza dei casi, la principale interazione auspicabile dopo l'invio di una email (che sia massiva o meno) è la risposta a questa email.
L'atterraggio su una landing page, il click sulla call to action sono sicuramente importanti, ma non stabiliscono un canale di relazione diretto sul quale lavorare.
Al contrario la risposta all'email esprime una volontà forte di interazione, che va ben al di là del divertirsi qualche secondo con l'animazioncina css inserita nella newsletter.
In questo bell'articolo del blog di Vendasta si pone appunto l'accento su questo tipo di interazione, andando ad indagare, attraverso una serie di casi reali, quale sia il modo migliore di stimolarla.
L'articolo analizza due approcci radicalmente diversi, da una parte la classica comunicazione email articolata, ricca di immagini e inserita in un layout complesso, dall'altra una email quanto più simile possibile ad una email transazionale, dove l'unica immagine è spesso un logo inserito in calce, insieme alla firma.
Nel primo caso preso in esame, quello che stupisce infatti è il fatto che il CTR sia rimasto pressoché identico nei due casi, mentre il numero di risposte dirette all'email è aumentato vertiginosamente: il passaggio dall'email HTML a quella testuale ha rappresentato l'apertura del canale relazionale, consentendo poi di lavorare direttamente sul potenziale cliente, con relativo significativo aumento delle conversioni.
Il tutto si gioca sulla fiducia: ponendosi su un livello meno advertising e più diretto si socchiude la porta della relazione, che poi, importantissimo, va coltivata.
Chi risponde all'email si aspetta una reazione rapida e personalizzata, non dimentichiamocelo.
Arrivare in Inbox su Gmail (e non in promozioni)
Nello stesso articolo si fa riferimento ad un altro caso in cui era per il committente fondamentale uscire dal tab promozioni di Gmail e tornare nella inbox.
Fermo restando che, dati alla mano, il piazzamento di una newsletter nella tab "promozioni" non rappresenta nella maggior parte dei casi un vero problema (ne abbiamo parlato qui), è vero che per determinate tipologie di comunicazione potrebbe rappresentare un ostacolo o un potenziale "danno di immagine".
In questo caso specifico, analizzato nell'articolo, l'azienda ha pensato di fare un redesign delle email inviate in una catena di automazione, passando dal "vecchio" look & feel da email di testo, ad un approccio più visuale.
Con estremo disappunto, hanno riscontrato quasi immediatamente un calo delle aperture, che sono passate dal 78% al 42%.
Analizzando la situazione si è evidenziato come il calo riguardasse soprattutto gli indirizzi Gmail: mentre l'email testuale vecchio stile arrivava nell'inbox, quella nuova, fancy e graficamente gradevole, veniva intercettata dall'automatismo di Gmail, mettendola nel tab "promozioni".
La nostra esperienza conferma il fatto che Gmail tende a classificare come promozionali preferibilmente le email con elementi grafici e di impaginazione HTML: più una email assomiglia ad una email "classica", a patto ovviamente che non sia spam, più è facile che finisca nell'inbox.
E se il click rate è importante, se non vitale?
Non in tutti i casi l'email testuale rappresenta la soluzione ideale.
Se, ad esempio, la nostra conversione inizia e finisce in un sito web, un e-commerce, senza passare da una interazione umana di relazione e nurturing, l'approccio puramente testuale non è certo la carta vincente.
Basta pensare, ad esempio, alle email inviate da Amazon: al gigante dell'ecommerce non interessa che l'utente risponda all'email, anzi, vuole semplicemente che clicchi sul prodotto proposto e lo compri.
Per ottenere questo risultato ha calcolato che è meglio usare un po' di formattazione, un po' di immagini, dei pulsanti che siano immediatamente riconoscibili, anche se tutti questi elementi contribuiscono poi a far finire, giustamente, le sue email nel "famigerato" tab Promozioni di Gmail.
E se va bene ad Amazon, in fondo è probabile che sia la cosa giusta anche per noi.
E per i filtri antispam?
Ancora oggi diverse fonti, anche l'articolo citato sopra, insistono sul fatto che una email HTML sia più facilmente soggetta ad essere filtrata e riconosciuta come Spam.
Ci permettiamo di dissentire: se è comunque vero che è sempre buona norma inviare email che abbiano un rapporto fra testo e immagini il più possibile equo (ma questo va fatto soprattutto in considerazione della presenza di webmail e client che non scaricano in automatico le immagini), i filtri Antispam attuali lavorano su altri parametri, principalmente sull'interazione degli utenti.
Dunque, a prescindere dal fatto che la vostra email sia in HTML o puro testo, se l'utente che la riceve la gradisce, non avrete problemi, se invece la segnalerà come spam, è molto probabile che questo comporti in breve un significativo interesse da parte dei filtri antispam.
E voi che tipo di email state pianificando per il 2018? Altamente fancy ed interattive, oppure testuali e iper minimali?
Aggiungi un commento