05 Lug 2017

La pubblicità Gmail non spierà più i contenuti delle email

Google ha annunciato, con un post sul blog ufficiale datato 23 giugno, un cambiamente radicale per quel che riguarda la pubblicità sulla versione free di Gmail.

Curiosamente l'annuncio pare piuttosto "fuorviante": il titolo stesso dice che prossimamente la versione free di Gmail diventerà "più simile" a quella contenuta in Gsuite (dunque la versione a pagamento "aziendale").

In realtà la questione gira tutta attorno al tema dell'advertising personalizzato e dell'uso del contenuto della posta privata per profilare l'utente.

Gmail

Google dunque dichiara che, a partire da una data non meglio specificata, ma entro la seconda parte dell'anno, non userà più il contenuto delle email che transitano nel nostro account Gmail free per selezionare gli annunci proposti all'interno dello stesso.

In questo senso la piattaforma Gmail free si avvicinerà a quella di Gsuite, cioè in nessuna delle due verrà effettuato un'analisi del testo delle email a fini advertising; c'è da dire che attualmente la versione a pagamento non ha proprio spazi pubblicitari - e né li avrà nel breve.

La sensazione è dunque quella che l'annuncio sia stato "girato" tentando di spostare l'attenzione da una pratica che molti ritengono invasiva; ora la pubblicità di Gmail free verrà proposta sulla base delle impostazioni e dei comportamenti previsti per l'advertising Google su siti terzi, in pratica raccogliendo dati di navigazione attraverso cookie di terza parte.

Per quanto efficaci, le pratiche di remarketing "spinto" possono creare sensazioni non piacevoli nel navigatore; qualche mese fa fece piuttosto clamore la faccenda, mai del tutto chiarita, che la app di Facebook potesse catturare l'audio per profilare l'advertising.

Se è alquanto dubbio che Facebook abbia fatto test di questo genere, è invece sicuro che Google utilizzi il contenuto delle email private con lo stesso scopo; l'effetto straniante è quello di ritrovarsi annunci relativi a prodotti menzionati unicamente in conversazioni private, un passaggio senza dubbio delicato e che probabilmente bigG ha valutato troppo rischioso (e forse anche poco vantaggioso dal punto di vista economico) sul medio periodo.

Probabilmente il tutto è da inquadrare anche nell'impegno all'interno della "Coalition for better Ads" e dell'imminente arrivo dell'ad-blocker nativo all'interno di Chrome; un alleggerimento delle pratiche più spinte può dunque far parte di una revisione globale dell'approccio all'advertising.

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